martedì 29 maggio 2018

IL MENU



DEFINIZIONE E STORIA
Con il termine menu ci si riferisce sia all’elenco dettagliato e cronologico dei piatti e delle bevande  che verranno servite ai commentali, sia al cartoncino sul quale è scritto il programma del pasto. Attualmente in Italia  si tende ad utilizzare il termine menu anche quando ci si vuole riferire genericamente alle a ciò che offre un locale
La parola menu è attestata per la prima volta in francese nel 176. Essa indicava la lista delle vivande servite in un pranzo alla corte di un sovrano o di un grande nobile.
La traduzione italiana "minuta" venne usata fino alla Unità d'Italia e ne sono esempio i ricettari napoletani dello scalco Vincenzo Corrado e del duca Ippolito Cavalcanti.
A metà Ottocento, con l'affermarsi del servizio "alla russa" tipico della società borghese, si diffuse l'abitudine di far trovare accanto al posto a tavola di ogni commensale un cartoncino a mano o a stampa con la lista delle portate che sarebbero state servite. È in quest'epoca che in Italia si iniziò ad usare la parola "menu". Si deve tuttavia notare che fino alla fine dell'Ottocento tutto il menu era abitualmente scritto in francese.
Negli ultimi decenni dello stesso secolo sorsero molti grandi ristoranti e grandi alberghi, anch'essi destinati principalmente alla borghesia. Con essi nacque l'uso della carta, che deriva da quello del menu dei pranzi borghesi. Nel corso del Novecento la carta si diffuse gradualmente fino ai livelli più semplici della ristorazione.
Nell'ultimo decennio dell'Ottocento e nella prima metà del Novecento avvenne un'inversione di tendenza linguistica: i menu erano ormai scritti normalmente in italiano[5]. E perciò si sentì l'esigenza di chiamarli con nomi italiani, quali "nota", "distinta" o "lista delle vivande"]. Queste sono le espressioni usate anche dall'Artusi. Si tornò anche a usare la parola "minuta"; oppure ancora si cominciò ad usare l'espressione "menu" o "menù" in cima ad una lista scritta in italiano.

Nel Dopoguerra si affermò definitivamente la parola "menu", con o senza accento

LE FUNZIONI DEL MENU
L’elaborazione del menu è un’operazione complessa per le molteplici funzioni che esso svolge e che continuamente si influenzano reciprocamente.


IL MENU PER L’AZIENDA
Progettare il menu significa definire l’offerta gastronomica, ovvero il tipo di cucina, il servizio e la fascia di prezzo nella quale si colloca. Dal menu dipendono le principali scelte organizzative riguardanti la cucina, le materie prime e l’arredamento della sala ristorante. la procedura logica che segue qualsiasi azienda consiste prima di tutto nello stabilire cosa produrre e come, poi nel progettare l’azienda per realizzare la produzione/commercializzazione del bene. Inoltre, il menu è il principale strumento di analisi della produzione che permeate di valutare  quali piatti sono stati più apprezzati o che offrono i maggiori guadagni e quelli da sostituire nel tempo.

IL MENU PER LO CHEF
Il menu esprime il modo in cui lo chef intende la cucina e costituisce il programma della produzione. Nella sua elaborazione, lo chef dovrò sempre considerare le risorse a disposizione ovvero:
  • il personale, per distribuire uniformemente il lavoro, tenendo presente la capacità dei collaboratori;
  • il tempo a disposizione, per avere la possibilità di realizzare al meglio piatti del menu;
  • l’attrezzatura a disposizione, per non sovraccaricare certi macchinari, come spesaso capita;
  • le materie prime , che devono essere reperibili al prezzo stabilito e nei tempi prefissati.

IL MENU PER IL CLIENTE
l’esposizione del menu all’interno o all’esterno del locale è un’obbligo di legge; l’art. 180 del RD n.635/940 definisce che: i pubblici esercenti debbono tenere esposte nel locale  dell’esercizio, in luogo inibire al pubblico, la licenza, l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi.
Nei confronti del cliente il menu svolgere funzioni importantissime:
  • è il biglietto da visita del ristorante e il catalogo dei suoi prodotti, portando il suo aspetto influenza lo stato d’animo del commensale;
  • è lo strumento di comunicazione di cui il cuoco dispone per spiegare al cliente la propria cucina;
  • è un contratto vincolante tra cliente e azienda, pertanto le diciture devono essere veritiere, pena l’incorrere nel reato di frode in commercio.
Molti ristoratori non attribuiscono la giusta importanza al menu, è infatti frequente trovare cartoncini macchiati o tenuti male, che non suscitano sicuramente una bella impressione.

LA PIANIFICAZIONE DEL MENU E DEI PIATTI
Qualsiasi imprenditore che voglia aprire un’attività, prima compie accurate analisi del mercato e stabilisce che cosa produrre, poi progetta l’azienda. Se è vero che una cucina deve essere estremamente più flessibile di una linea di produzione industriale, è anche vero che il menu deve costituire il fulcro attorno al quale nasce il ristorante: prima di pensare all’attrezzatura necessaria, all’immagine, agli arredi occorrere aver definito con precisione il tipo di menu  da attuare.
La pianificazione deve innanzitutto essere coerente con gli obbiettivi economici statiliti, accordandosi con il livello di profitto prefissato e i costi programmati. Partendo da queste premesse, occorre analizzare e definire tutti questi fattori che influenzano e guidano le scelte fondamentali del ristoratore:
  • il profilo dell’utenza cui ci si vuole rivolgere;
  • la concorrenza;
  • la tipologia di ristorazione e di servizio più adatti;
  • il livello qualitativo che si vuole raggiungere;
  • il numero di pasti che si prevede di servire;
  • le risorse disponibili ( finanziarie, personale, spazi, materie prime) o che si dovranno avere a disposizione.
Tracciati gli aspetti di base e definita merci a grandi linee la filosofia del locale, si passa alla progettazione del menu che, al momento, significa definire:
  • il tipo di cucina;
  • suddivisione in categorie delle portate e il numero di piatti da servire;
  • il tempo di permanenza dei piatti nel menu;
  • l’aspetto grafico, il tipo di linguaggio  e lo stile di comunicazione.
Determinato tutto ciò e predisposto un elenco di piatti, il ristoratore, insieme allo chef e al responsabile di sale, sceglie le soluzioni tecniche appropriate relative a: materie prime, personale a disposizione e sala. Si prepara poi un’analisi dei costi e si redige un piano economico per valutare la convenienza o meni dell’investimento.

IL MENU E L’UTENZA
Rispetto all’utenza, nella ristorazione si possono verificare due condizioni:
  • conoscenza generica delle esigenze della clientela, è la situazione che si presenta comunemente nei ristoranti e negli alberghi;
  • conoscenza specifica delle esigenze dell’utente, capita quando il menu viene concordato in precedenza con il committente ( per esempio , nei banchetti e nella ristorazione).
La differenza è sostanziale, considerato che nel primo caso si propone un menu che deve attirare la clientela, mentre nel secondo caso la clientela c’è già e bisogna soddisfarla.

LI TIPOLOGIE DI MENU 
In base alle opzioni di scelta  che il cliente può effettuare distinguiamo tre gruppi di menu:
  • IL MENU FISSO ( o table d’hote) è l’elenco  dei piatti e delle bevande che verrà evito al cliente. Fanno parte di questo gruppo i menu per banchetto, i menu degustazione, i menu del giorno, quelli a tema e per colazione di lavoro oltre al menu turistico;
  • IL MENU CON SCELTA LIMITATA è un breve elenco di piatti tra i quali il cliente può effettuare  piccole scelte, senza variazioni di prezzo . fanno parte di questo gruppo i menu con scelta limitata e i menu del giorno negli hotel;
  • LA CARTA è la lista dei piatti, con prezzi differenziati,  che il ristorante propone ai clienti, i quali, scegliendo , costruiscono da soli il proprio menu. esiste poi la grande  carta che si differenzia per la vasta scelta dei piatti. 
Oggi il menù si è molto ridotto nel numero delle portate e nelle quantità; il lessico usato è semplice, senza dediche di piatti a personaggi famosi come troviamo nella cucina classica.

I MENU FISSI
I menu fissi possono essere distinti in base alla formulazione della proposta che può essere concordata in precedenza, oppure predisposta dallo chef per attirare la clientela del del ristorante. Un vantaggio comune a tutti i menu fissi è la semplificazione dell’organizzazione del lavoro in cucina, che risolta in buona parte prevedibile e che può perciò essere anticipato. Il vantaggio per i clienti è dato dal fatto che, solitamente, questi menu vengono proposti a prezzi convenienti rispetto alla scelta della carta; il prezzo viene stabilito in precedenza.

REGOLE TECNICHE DEL MENU FISSO
Un vantaggio comune a tutti i menu fissi è la semplificazione dell’organizzazione del lavoro in cucina, che può essere in buona parte  eseguito in anticipo. Il vantaggio per il cliente è che di solito questi menu vengono proposti a prezzi convenienti, il prezzo è fisso e, in certi casi, stabilito in precedenza. per la sua composizione si parte dalla definizione del numero di portate, quindi si effettua la scelta tra i piatti da inserire e l’ordine da seguire, tenendo presenti i seguenti criteri:
  • equilibrio gastronomico;
  • i gusti della clientela;
  • il numero di pasti;
  • i costi;
  • le giacenze di magazzino;
  • i mezzi a disposizione.


ORDINE DELLE PORTATE
La corretta sequenza dei piatti è la base di un menu equilibrato, anche se attualmente non vi sono più verità assolute come nel recente passato. Con il tempo l’ordine ha subito notevoli cambiamenti ed oggi molti chef lo rispettano più .
  • APERITIVO  ( precede il pasto e viene servito in piedi o a tavola)
  • ANTIPASTI (nell’ordine: antipasto freddo; antipasto caldo)
  • MINESTRE BRODOSE ( nell’ordine: minestra chiara, legata, composta)
  • PRIMI ASCIUTTI ( l’ordine può variare in base al condimento, dal più delicato al più saporito, ma in genere si usa il seguente: risotto, paste secche, paste ripiene, paste gratinate)
  • PIATTO DI MEZZO ( nell’ordine: uova, pesci, crostacei, molluschi)
  • PIATTO PRINCIPALE CON CONTORNO ( L’ordine può variare in base ai metodi di cottura e ai condimenti, ma in genere si usa il seguente: animali da cortile; carni bianche; cara rosse; selvaggina.)
  • DESSERT ( nell’ordine: formaggio; dolce; gelato; frutta.) talvolta si serve il predessert, un bocconcino gustoso e delicato in attesa dell’ultima portata.

NUMERO DELLE PORTATE E STRUTTURA
Il numero delle portate varia in base all’occasione; ad esempio nei banchetti e menu a degustazione  ci si attesta sule 4-6 portate, in altre occasioni 2-4. 

SCHEMA DEI SAPORI
Relativamente ai sapori, nella costruzione del menu si possono applicare le modalità  descritte di seguito.
Lo schema ascendente
Adottato soprattutto nel passato, è il metodo di costruzione tradizionale, il paradigma della cucina classica. Le pietanze vengono ordinate in una progressione ascendente, sia nei giusti (dal più tenue al più forte), sia nei generi e nelle specie animali ( conchiglie, crostacei, pesci, frattaglie e anfibi, pollame e carni bianche, carni rosse, selvaggina) sia nei metodi di cottura.
Lo schema discendente
Rispetto al suo modello speculare, questa metodologia lascia maggior spazio alla creatività. In un menu discendente, si susseguono portate  in una scala che smorza via via le tonalità del gusto. Anche la scelta degli ingredienti si procede allo stesso modo.
Lo schema per contrapposizioni
Questa metodologia di composizione si differenzia concettualmente dai menu monodirezionali. Esso si fonda sull’armonia dei contrasti: non esiste un ordine prestabilito a cui riferire le sequenze delle pietanze.  Il menu si presenta come  un sistematico saliscendi. E’ lo schema più libero e più creativo, ma per questo è estremamente difficile realizzarlo in modo davvero coerente ed efficace: occorrono notevoli risorse, una vasta cultura gastronomica, una spiccata creatività e una grande sensibilità del gusto. Occorre tenere ben presenti i cinque gusti fondamentali : dice, salato, acido, amaro e umami. La combinatione nello stesso piatto e la contrapposizione  di queste cinque “tonalità” crea quindi ka composizione del menu per contrapposizioni
Lo schema orientale
Il menu all’orientale sovverte l’idea della sequenza ordinata da una scansione temporale: tutte le pietanze del menu sto presentate a tavola contemporaneamente. Si è iberi di alternare l’assaggio di una vivanda a quello di un’altra, per passare ad una terza  o tornare al punto di partenza. E’ il principio della compositoi e istantanea, che non segue un protocollo.

ARMONIA DEGLI ACCOSTAMENTI
E’ forse il punto più nevralgico e più importante  dell’intero lavoro, perché il cliente se può accettare una ripetizione di un ingrediente o un errore ortografico, certamente è più critico sugli accostamenti di colori e di sapori.
C’è tutta una serie di regole classiche  che prevede la gusta associazioni di salse e carne, carne e verdura, ma è soprattutto l’esperienza, unita ad una buona conoscenza degli ingredienti e delle tecniche di cottura, che fa la differenza. Nella redazione del menu occorre tenere presenti anche  le differenze tra pranzo e cena: in quest’ultima è meglio evitare fritture, uova e altri piatti pesanti. E’ comunque opportuno rispettare almeno i seguenti criteri.
Il criterio della varietà
Si riferisce agli ingredienti principali ( non servire due volte lo stesso prodotto, ameno che non sia un menu a tema), alle tecniche di cottura e preparazione delle vivande, e ai colori delle portate (non devono ripetersi in successione). Occorre dare al cliente la possibilità di assaggiare diverse cose.
Il criterio della stagionalità
Questo criterio consente di avere prodotti più buoni e saporiti, che costano meno e sono più sani, perché coltivati secondo i ritmi naturali. Non riguarda solo  la frutta e la verdura, ma anche carne, pesce e alcuni formaggi, più saporiti e disponibili in certi periodi dell’anno. Anche i piatti hanno un altro stagionalità, cotture in umido, polente e piatti grassi  sono tipicamente invernali, mentre le preparazioni leggere, fresche, sono da preferirsi nei periodi estivi.

LE PRINCIPALI TIPOLOGIE
Il MENU PER BANCHETTO viene concordato direttamente con l’organizzatore dell’evento, che può essere una cerimonia o un ritrovo conviviale. E’ un menu tendenzialmente ricco sia per numero di piatti sia per le materie prime organizzate. Si tratta di una condizione particolarmente favorevole per la cucina, perché la mole di lavoro è già nota  all’atto della prenotazione ed  è  pertanto possibile organizzare nel dettaglio la produzione. La redazione del menu per banchetto è la situazione ideale per lo chef, che ha così la possibilità di conoscere l esigenze e le aspettative del cliente. La personalizzazione della proposta è la carta vincente della ristorazione moderna, rispetto ai menu standardizzati e preconfezionati, usati in passato, proposti al cliente in odo asettico. la flessibilità dell’offerta e l’attenzione alle esigenze del cliente sono infatti i primi due requisiti per soddisfare la clientela. Tutto questo sarà possibile solo con un attento e ungo colloquio con la clientela. Altra fase molto importante  e delicata è quella del contatto. In primo luogo è necessario considerare la circostanza che motiva il banchetto. Lo chef cercherà di raccogliere in dettaglio le esigenze specifiche che emergono dal confronto con il cliente, per tracciare le linee guida del menu, evidenziando le peculiarità. Ogni situazione ha caratteristiche diverse, che inevitabilmente influenzano la scelta dei piatti. Per esempio in un matrimonio  generalmente le persone non hanno fretta, sono presenti anziani e bambini e l’ora di inizio può essere variabile; in questo caso si cercano piatti che possano essere prepararti in anticipo e solo finiti al momento del servizio e che possano piacere a tutte le categorie di persone. Solitamente vengono fatti più incontri con il committente e s, in caso di cerimonia, vengono effettuate anche prove del menu. Nel confronto con il cliente può essere utile utilizzare delle schede che richiamino le caratteristiche dell’evento.




MENU DEGUSTAZIONE
Regole semplici per realizzare una sequenza di piatti che permettano di far apprezzare al meglio la cucina del ristorante e la filosofia gastronomica dello chef, rassicurando al tempo stesso gli ospiti sul conto finale. E con il vino al bicchiere, se ne avvantaggia anche la cantina.In Italia, invece, se si escludono le “grandi tavole”, il menu degustazione non viene generalmente vissuto come un’opportunità da sfruttare né dal cliente né dal ristoratore.  Eppure, attraverso una proposta guidata nientemeno che dallo chef in persona, il primo avrebbe il vantaggio di gustare piatti composti secondo una precisa “scaletta”, orchestrati in modo da valorizzare al meglio una determinata cucina.Il ristoratore, da parte sua, potrebbe invece conseguire l’obiettivo di avvicinare (e fidelizzare) nuovi clienti con proposte chiare, ben costruite anche nel prezzo. Dunque, perché questa formula, in Italia, spesso non ha il  successo che si merita?E come si può fare per “costruirgli” addosso un’immagine corretta, che rispecchi una serie di piatti emblematici della sapienza gastronomica di uno chef? La risposta tocca più aspetti.Innanzitutto, bisognerebbe ricordarsi che un menu degustazione dovrebbe seguire le stesse regole di qualsivoglia altra lista di piatti.Regole che non sempre sono state seguite nel passato e che non trovano piena cittadinanza neppure nel presente.Ciò potrebbe essere un retaggio di quando, negli anni Settanta, la ristorazione italiana era, per qualità,  probabilmente ai minimi storici e molti ristoranti esponevano il cosiddetto “menu turistico”.In pratica, un  eufemismo per indicare che in quel locale si poteva mangiare a prezzo fisso. Tale proposta non rappresentava il vezzo del cuoco di esibire i suoi piatti migliori, quanto piuttosto la proposta delle pietanze meno costose e più commerciali.Che queste costituissero un menu, era l’ultima preoccupazione.L’importante era placare la fame dei clienti: non importa, poi, se alle tagliatelle alla bolognese faceva seguito, magari, il fritto misto mare…Dopo la “rivoluzione” della ristorazione che si è cominciata ad avvertire negli anni Ottanta, in molti locali il “menu  turistico” ha lasciato il posto a quello “degustazione”. Al cambio di nome non ha però, sempre corrisposto anche una differente impostazione. Solo la ristorazione più evoluta ha, di fatto, saputo coglierne le opportunità.
Ossia, ha consentito all’avventore di percorrere un tour gastronomico che gli permettesse di conoscere i piatti più  significativi del locale.Considerato, infatti, che le porzioni sono più piccole di quelle alla carta, la proposta comprende spesso l’assaggio di un ampio numero di piatti. Purtroppo, la voglia legittima e comprensibile del cuoco di far conoscere le preparazioni più significative della sua cucina, ancora oggi porta talvolta a proporre una serie di piatti alla rinfusa, più o meno organicamente pensati ed elaborati.
Sarebbe, invece, preferibile redigere diversi menu semplici, ma ordinati, in luogo di uno unico complesso, ma poco armonico.Ciò a tutto vantaggio  della cucina, perché una sequenza equilibrata consente, in ultima analisi, di far meglio apprezzare ogni singola portata e, quindi, il ristorante stesso. Se l’approccio di chi sta in cucina dovrebbe essere orientato verso  l’organicità delle proposte, anche a chi sta in sala spetta l’onere di promuovere il menu degustazione. Come? Facendone intravvedere ai clienti gli aspetti positivi. Praticamente, significa spiegare loro che una lista  predefinita consente di conoscere la cucina del ristorante come gliela propone il cuoco, ossia nel migliore dei  modi. Le porzioni ridotte, realizzate per consentire di assaggiare più preparazioni, inoltre, consentono di spaziare  attraverso un’ampia panoramica gastronomica, con la soddisfazione di chi sta seduto a tavola.Il discorso,  comprensibilmente, è valido soprattutto per chi mangia la prima volta in un locale, ma anche i clienti più assidui  possono beneficiarne. Non va infine sottovalutato che il menu degustazione ha un prezzo prefissato. Si tratta di un aspetto importante: infatti, ciò che spesso impedisce di varcare la soglia di un grande ristorante è il timore che il conto possa lievitare  eccessivamente.
Proponendo, invece, un menu a prezzo prestabilito, il cliente ha tutto l’agio di fare le valutazioni del caso e decidere serenamente di provare una cucina eccellente, sapendo di non avere brutte sorprese al  momento del conto. Il fattore economico si avvantaggia anche del fatto che molti ristoranti mettono a disposizione del menu degustazione vini al calice, cosi da poter cambiare etichetta tra una portata e l’altra, soprattutto se la  sequenza prevede piatti sia di pesce sia di carne. Il menu degustazione, oltre a essere, come visto, un percorso guidato, può avere temi diversi. Dato che se ne può proporre più di uno, vale la pena di studiarne diversi in conformità della zona in cui si opera. In località rinomate per la gastronomia, per esempio, si può proporne uno della tradizione, con i piatti più significativi del territorio. I vegetariani, al ristorante finiscono spesso per ordinare contorni; sarebbe interessante, come alcuni già fanno, proporre un menu degustazione studiato appositamente per loro.

MENU A TEMA
menu a tema viene proposto da alcuni ristoranti in particolari periodi dell'anno, per valorizzare prodotti con una specifica stagionalità. Si, pensi, per esmpio, ai funghi e ai tartufi, che nel periodo autunnale deliziano le tavole di numerose regioni. In questi casi i vini vengono scelti precedentemente dal sommelier e riportati sul menu.
Menu a tema con vini in abbinamento:  altri menu a tema si possono basare su un singolo alimento, come il riso, la carne di struzzo o di bufala, un formaggio, oppure 
ancora ci si può ispirare a cucine etniche o di una particolare zona o regione italiana. Volendo nobilitare il pranzo, si può fare anche riferimento a menu storici, ricreando, 
l'atmosfera di decenni o addirittura secoli fà. Il menu a tema può essere anche l'occasione, per il sommelier, per proporre alcuni vini particolari o per valorizzare i 
prodotti regionali. La situazione si può addirittura capovolgere, perché il vino, sulla base della valorizzazione di un vitigno o di una zona di produzione, può assumere una posizione di assoluta centralità, attorno alla quale viene impostata la lista delle vivande. Non più quindi un menu a tema su un elemento gastronomico, ma una serie di vini sui 
quali creare il menu.

MENU DEL GIORNO
È un menù a prezzo fisso ma che cambia tutti i giorni un po’ come si fa in casa, affianca la carta è ha un prezzo vantaggioso. Questo menù si trova nei ristoranti che hanno una parte della clientela che frequenta il locale con una certa assiduità. Le materie prime sono di stagione, fresche e semplici avvolte occasionali e convenienti. La presenza di questo menu sgrava notevolmente  il lavoro degli addetti, perché molti clienti scelgono questa formula per il prezzo vantaggioso.

MENU PER COLAZIONE DI LAVORO
E’ un tipo di menu nato dall’esigenza di servire il pasto a gruppi di persone che partecipano a convegni, riunioni o meeting. Il luogo dove si svolge la colazione è in generale l’albergo dotato di un centro congressi. Si tratta perciò di un menù leggero, precedentemente concordato con l’organizzatore dell’evento, da servire velocemente perché il tempo a disposizione è sempre molto ristretto.
Negli ultimi anni molti ristoranti, per analogia, hanno iniziato a proporre per la colazione menù differenti da quelli del pranzo, maggiormente orientati alle esigenze di chi deve mangiare quotidianamente fuori casa per motivi di lavoro che si possono riassumere in: piatti buoni, sani e non troppo elaborati, velocità di servizio, prezzo competitivo.  

MENU TURISTICO
è un’offerta tipica dei ristoranti situati in zone turistiche. Comprende un rapido menu, da 2 a 4 portate: dall’antipasto al dessert, oppure antipasto o primo piatto + secondo piatto con contorno; le bevande sono incluse nel prezzo, seppur in quantità molto ridotta. In genere la proposta è abbastanza economica. Sarebbe una buona occasione per l’azienda di proporre piatti tipici, ma normalmente si propongono piatti standardizzati nazionali, spesso banali

IL PIATTO UNICO
Storia ed evoluzione
La tradizione gastronomica dei paesi del bacino del Mediterraneo è ricchissima di ricette a portata unica: da secoli infatti nelle cucine si preparano numerosissimi piatti unici con ingredienti e gusti spesso molto diversi tra loro, ma che hanno in comune alcune caratteristiche nutrizionali, storiche e sociali. Il  piatto unico è composto da alcuni ingredienti abbinati tra loro in base a precisi criteri gastronomici e  ed è ricco di  sapori particolari che variano da paese a paese. Comodo, veloce da preparare, con un suo fascino conviviale che lo rende perfetto in tantissime occasioni, sembra nato oggi, in quest’epoca dei fast food, della fretta e delle diete drastiche, invece è sicuramente il piatto più antico che si conosca. Andando indietro nel tempo, i nostri avi usavano mettere in una sorta di pentola cereali, legumi cacciagione o pesce, e anche nelle epoche successive, quando le zuppe di cereali e legumi, costituivano il pranzo e la cena per i  più poveri. Già nella Roma imperiale si utilizzavano ingredienti diversi per realizzare un’unica pietanza, come racconta Apicio, autore della prima raccolta di ricette della storia. Nel Medioevo, poi, il piatto unico divenne una necessità dettata dalla povertà. Per molti secoli il piatto unico è stato considerato il piatto dei poveri e i nostri bisnonni se lo ricordano ancora. Le famiglie si riunivano davanti ad una polenta fumante condita con carne o con pesce, o davanti ad una ciotola di latte e castagne o di pasta e fagioli. Oggigiorno nel pranzo, il tradizionale menu è sempre più spesso affiancato  da alcune proposte di piatti unici, sempre più apprezzate da coloro che consumano pasti fuori cascano frequenza e che non vogliono appesantirsi consumando un pasto completo. Altri motivi che indirizzano verso questa scelta sono i tempi sempre più risorteti delle pause dal lavoro e il costo, quasi sempre più abbordabile, che la soluzione del piatto unico comporta. rispetto al menu completoPer capire il piatto unico bisogna partire innanzitutto da cosa non è. Infatti, se parlando di piatto unico si pensa a un’insalatona o alla pizza, purtroppo, non si è del tutto sulla strada  giusta. Il piatto unico, infatti, non è  solo sinonimo di unica portata come possono esserlo, appunto, le pizze e le insalatone, ma  anche di un piatto nutrizionalmente completo.Uno schema di piatto unico potrebbe essere quello del : 50, 25, 25. Metà del piatto è composta da verdura (c’è anche la variabile: 35% verdura e 15% frutta). Quindi una regola aurea di questo tipo di piatto unico è che le verdure sono le vere protagoniste. Ricorda: le patate non contano perché, per il loro alto contenuto di amidi, sono più simili alla pasta e al riso che non alle verdure. Un altro spicchio, un 25% del piatto, è occupato dai carboidrati sotto forma di cereali o da patate. L’ultimo spicchio, il rimanente 25% del piatto, è dedicato alle proteine di origine animale (carne, uova, pesce) o vegetale (legumi). Il piatto unico è formato da ingredienti abbinati in modo intelligente, per soddisfare sia ke esigenze nutrizionali, sia quelle gastronomiche.
Un concetto diverso

Un’altra interpretazione del patto unico è quella proposta anni fa da Gualtiero marchesi di utilizzare  piatti divisi in 4-5 parti e in ognuna di esse disporre una piccola porzione in modo da formare  un menu completo. 


I MENU CON SCLTA LIMITATA
Vi sono tre principali tipologie di menu con scelta limitata, uno tipico del ristorante, uno dell’albergo con formula a pensione e uno della ristorazione sociale.

MENU CON SCELTA
All’estero, e specialmente in Francia, si trovano ristorante che offrono ad un prezzo fisso una scelta limitata di piatti che cambia periodicamente: 3-4 antipasti, altrettanti secondi e dessert. In Italia questa formula non ha molto attecchito: si preferiscono liste di piatti più lunghe con prezzi differenziati. In realtà tale modalità ha origini molto antiche , che risalgono alla nascita del ristorante, infatti in passato nelle locande si poteva  mangiare solo il piatto del giorno preparato dall’oste  e all’ora prestabilita. Col tempo i ristoratori divennero più elastici nell’orario di inizio del pasto e iniziarono ad offrire un  minimo di di scelta tra le diverse portate; in questo modo nacque quello che noi conosciamo come ristorante.

MENU DEL GIORNO CON SCELTA (menu d’albergo)
E’ il sistema usato nella maggior parte degli alberghi stagionali con formula a pensione e sulle navi da crociera, in cui lo chef redige giornalmente un menu per il pranzo e uno per la cena dando al commensale la possibilità di secolare tra 2-5 piatti per ogni portata. La qualità del cibo e l’ampiezza della scelta variano in base alla categoria dell’albergo. E’ una pratica diffusa quella di lasciare alcuni piatti “fissi” ovvero sempre disponibili, piatti che spesso vengono scelti dalla clientela. Esempio: pasta al pomodoro, pasta al ragout, cotoletta, patatine fritte. In certi alberghi è ormai pratica diffusa quella di far scegliere alla clientela al momento della colazione, o la sera prima, quello che vogliono mangiare nei pasti successivi. In questo modo la cucina potrà organizzare al meglio il lavoro ed evitare sprechi.
Caratteristiche del menu d’albergo
L’ospite consuma più pasti consecutivi nello stesso luogo, pertanto gradisce un servizio relativamente rapido, cibi cibi che non lo appesantiscano eccessivamente e varietà delle proposte. Tra i compiti dello chef si ricorda:
  • variare il più possibile gli ingredienti usati, le cotture e il genere di cucina;
  • non ripetere gli stessi piatti per almeno 8-10 giorni;
  • secolare piatti che possano essere serviti velocemente;
  • valutare anche l’apporto calorico dei piatti, ponendo attenzione a non utilizzare troppi grassi;
  • tenere sotto controllo i costi.
La complessità è data dal numero rilevante da utilizzare ( 6-10 primi piatti e altrettanti secondi al giorno da non ripetere per almeno 10 - 15 giorni), dalla necessità di gestire al meglio le materie prime ( giacenze, acquisti, rimanenze) e dall’abbinamento dei piatti tra loro.
Composizione del menu d’albergo
Ai primi piatti si deve attribuire la massima varietà sia nel condimento, sia nella tipologia. La clientela straniera, non abituata alla pasta asciutta, gradisce anche piatti diversi. Nei secondi piatti si devono considerare sia il tipo di carne, sia il tipo di cottura, evitando di creare ripetizioni. I contorni di norma  sono uguali per tutti: due caldi ( di cui uno farinoso) e uno freddo. tra i dessert non mancano mai i formaggi e la frutta fresca; completano l’assortimento un dolce al cucchiaio, un gelato e una torta.

MENU NELLA RISTORAZIONE SOCIALE
Nella ristorazione sociale  il cibo ha un ruolo di primaria importanza, in particolare per le persone disagiate ( ricoverati, carcerati, etc), perché costituisce un momento di gratificazione e un mezzo per caricare le tensioni emotive. Questi menu generalmente offrono la possibilità  di scegliere tra 2-4 piatti per portata che variano giornalmente. Nella ristorazione sociale i vincoli nutrizionali sono maggiori  rispetto alla ristorazione commerciale, infatti nella ristorazione e ospedaliera, scolastica e nelle case di riposo i menu sono redatti dallo chef assieme ad un dietista  e vengono calcolate calorie  e principi nutritivi in base all’età e al fabbisogno nutrizionale. la ristorazione scolastica merita un capitolo a sé stante perché non vi è possibilità di scelta; in questo caso il pasto dovrebbe anche servire a far conoscere sapori nuovi, formare il gusto e ad abituare l’utenza ad assumere una vasta gamma di alimenti.

MENU PROGRAMMATI
In questa categoria  si distinguono  menu ROTATIVI, tipicamente rivolti all’utenza occasionale dei ristoranti, e i menu CICLICI, utilizzati invece dove l’utenza è fissa, come nel caso della ristorazione sociale e degli alberghi.

MENU ROTATIVO
Il menu rotativo è una forma di pianificazione applicatile ai ristoranti, composta da una carta che rimane fissa per un ceto periodo di tempo e da uno o più menu che hanno  una rotazione prestabilita che può essere giornaliera, settimanale o mensile. E’ la conseguenza logica della standardizzazione delle ricette  mediante l’adozione delle schede tecniche. Il lavoro di cucina non è particolarmente appesantito, perché buona parte della produzione rimane costante per un certo periodo (carta), e al tempo stesso si da la possibilità al cliente abituale  di trovare spesso delle novità.
Esempio: nella settimana dal al lo chef consiglia il menu toscano al prezzo di … €.

MENU CICLICO
E’ composto da una serie di menu da riproporre dopo un tempo definito, a seconda del tipo di ristorazione e di utenza, in modo da offrire un alto grado di variabilità di pietanze.  Nella ristorazione sociale la ciclicità del menu è di 3-4 settimane, con rinnovo totale almeno 2-3 volte all’anno. le difficoltà sono date dal dover conciliare le preparazioni adatte, selezionate con le esigenze nutrizionali degli utenti, e i costi predeterminati. Nella redazione dei menu vanno considerati gli indici di gradimento dei piatti, rilevati visivamente e/o tramite questionari. Nella ristorazione e tradizionale, l’uso di menu ciclici è un fatto relativamente nuovo, che sta entrando in alcuni alberghi a 3-4 stelle e nei villaggi turistici. Gli ostacoli alla diffusione sono principalmente due:
  • gli chef sono restii;
  • la domanda non è costante come nella ristorazione sociale, per cui si possono verificate dei problemi  che portino alla revisione continua della programmazione.
I vantati che si riscontrano  nella pianificazione dei menu sono essenzialmente di tipo economico:
  • è possibile fare un più precisa programmazione degli acquisti;
  • si riduce il problema ( e il tempo) della compilazione quotidiana dei menu;
  • si evitano errori di scelta e ripetizione dei piatti;
  • si razionalizza e si semplifica il lavoro di cucina, programmandolo per tempo.



I MENU CON SCELTA  A PREZZI DIFFERENZIATI: LA CARTA
In questo caso il termine  menu è usato impropriamente, in quanto vengono meno le due caratteristiche essenziali: la rigidità dell’offerta e il prezzo fisso. In Italia è comunque d’uso avvalersi avvalersi anche del termine menu per indicare la carta e, laddove presente, la grande carta. la carta offre una vasta gamma di proposte per ogni categoria di portate, ogni piatto può avere prezzi diversi, che devono essere  sempre segnalati ( eccetto la  carta per le signore), e viene preparato al momento della richiesta; accanto ai piatti più laboriosi è buona norma indicare i tempi di realizzazione. una carta può essere suddivisa in : antipasti, primi piatti, secondi piatti a base di prodotti ittici, secondi di carne, contro e dessert. La grande carta contiene un numero di proposte maggiori e le categorie sono più suddivise ( per esempio, i primi piatti possono essere suddivisi in minestre brodose, primi asciutti, risotti); nei grandi alberghi si utilizza tutt’oggi la terminologia francese.

LA REDAZIONE DELLA CARTA NEI RISTORANTI
La carta delle vivande rispecchia la visione gastronomica dello chef e tiene conto delle caratteristiche del locale in cui opera della clientela a cui si rivolge; pertanto, risulta ben diverso impostare una carta per una clientela giovane o anziana, per coppie oppure per gruppi di persone. Ogni ristorante deve avere una propria connotazione; i locali generici sono destinati a fallire, perché la carta rischia di risultare banale e di non accontentare nessuno.

Struttura della carta
I primi criteri da definire riguardano la struttura della carta:
  • la suddivisione in categorie delle portate (per esempio: antipasti, primi piatti, secondi, contorni, dessert, specialità)
  • il numero dei piatti da proporre (per esempio, 4 antipasti, 6 primi piatti, 6 secondi, ecc)
  • il tempo di permanenza dei piatti nel menu (una settimana, un mese, 6 mesi, ecc.)
  • l’eventuale affiancamento di menu complementari.
I lunghi elenchi di piatti che rimangono invariati per anni non sono più attuali, perché il cliente tende a smarrirsi nel leggere le proposte, oltre al fatto che i costi di gestione sono altissimi. Pertanto è opportuno proporre carte brevi, che variano frequentemente, con l’utilizzo di prodotti freschi.

Scelta dei piatti
I piatti devono incuriosire, attrarre, suscitare emozioni e ricordi, ma è anche opportuno usare termini di facile comprensione, al fine di favorire l’approccio alla lettura, senza portare la clientela a chiedere continui chiarimenti al cameriere. Un modo efficace di operare è quello di selezionare un certo numero di piatti e classificarli in due categorie:
  • piatti di richiamo, a seconda del locale possono essere piatti innovativi di cucina creativa o piatti della tradizione particolarmente apprezzati dagli estimatori (come trippa, cotiche con fagioli, baccalà, ecc.)
  • piatti di rifugio, sono i piatti tradizionali conosciuti a tutti, sui quali non si hanno grandi aspettative, ma che in genere incontrano il gusto della maggioranza delle persone (come lasagne al forno, carpaccio, cotoletta, scaloppine, sorbetto ecc.)
Ogni carta deve contenere piatti di ognuno dei due gruppi, ma in percentuali differenti. In un ristorante per gourmet la maggior parte innovativi (o di alta cucina classica), mentre in una trattoria è bene indicare piatti da estimatori e pietanze regionali “rivisitate”. In entrambi i locali non dovranno tuttavia mancare alcuni piatti di rifugio; in un ristorante per turisti sono di norma prevalenti proprio questi ultimi (più rassicuranti per la clientela). 


Menu complementari alla carta
La carta può essere affiancata da:
  • un menu del giorno o un menu degustazione, che facilita il lavoro della brigata di cucina e limita gli sprechi, perché molti clienti si orientano su tali alternative che, a un prezzo vantaggioso, permettono di assaggiare diverse specialità
  • un menu per bambini, contenente poche proposte molto gradite, con nomi di fantasia eventualmente tratti dal mondo delle fiabe e realizzati con una grafica accattivante. Una maggiore attenzione ai più piccoli ha conseguenze positive per il fatturato del locale. 

LE ALTRE CARTE 
Oltre alla carta dei vini, sono nate nell’ultimo decennio anche altre tipologie di carte.
La carta degli oli
Non esistono due oli EVO di due produttori diversi che risultano identici all'esame gustativo. Avendo questo concetto ben chiaro e conoscendo a fondo il tipo di menu e gli ingredienti che lo compongono, alcuni ritirato hanno iniziato  a formulare una  carta degli oli partendo dai tre livelli di intensità. Tra i principali pregi di un olio, il principale è l'aroma fruttato: flavor gradevole che ricorda l'odore e il gusto del frutto sano, fresco e colto a giusta maturazione, che è specifico degli oli extravergine di oliva. Il fruttato è determinato principalmente dal tipo di cultivar, dal grado di maturazione delle olive e dall'area geografica di coltivazione.
Fruttato leggero: Oli delicati, con profumi sottili, note amare e piccanti assenti o appena accennate
Fruttato medio: Oli saporiti, morbidi, complessi, con gusto leggermente amaro e piccante
Fruttato intenso: Oli corposi, profumati e dal gusto deciso, con note di piccante e amaro anche evidenti.
All'interno di queste categorie di intensità andare a scegliere almeno  3 produttori (Nord, Centro, Sud) a rappresentare tutto il territorio nazionale. Oltre a intensità e area di provenienza, viene indicato  se si tratta di un olio monocultivar o plurivarietal. Dato che la carta degli oli al ristorante è una novità, è meglio dare solo le informazioni essenziali nella speranza che se una cosa è semplice, rimane facile utilizzarla e soprattutto proporla.

La carta dell’acqua
E’ comune pensare che l’acqua minerale che si trova in commercio sia più o meno tutta uguale, come è comune bere quasi sempre la stessa acqua, quella che ci piace di più.
Mangiamo cose diverse, scegliamo i vini più adatti ad accompagnare i nostri piatti, ma raramente pensiamo a quale acqua scegliere con diversi cibi. Al fine di diffondere la cultura del’acqua minerale e aiutare il consumatore ad essere consapevole di ciò che beve, nel 2002 nasce ADAM – Associazione Degustatori Acque Minerali – che da oltre un decennio si dedica alla valorizzazione delle acque minerali come parte integrante del patrimonio enogastronomico italiano.Per aiutare il consumatore ad orientarsi tra le specificità delle diverse acque minerali, sono state create apposite carte.rutto di un lungo lavoro di ricerca svolto da un team di chef, sommelier, geologi, chimici e nutrizionisti la Carta propone una selezione di acque minerali di qualità certificata, rigorosamente abbinate per affinità e alchimie a specifici cibi e sapori, offrendo un quadro di riferimento chiaro e comprensibile per i non addetti ai lavori, oltre ad essere un valido complemento alla carta dei vini nei ristoranti. Su questa scia è nata anche la figura dell’idrosommellier.




La  carta dei caffè
Il fine pasto è un momento importante, spesso però trascurato. Il caffè è visto più come un gesto per chiedere il conto che un vero e proprio momento di piacere che suggella l’esperienza gastronomica. Oggi, in molti ristoranti è possibile scegliere,  o farsi consigliare , su quale caffè è più adatto a noi.

La carta dei dessert
Il dessert è forse uno dei momenti più importanti durante un pranzo o una cena al ristorante, l’ultimo pasto, quello decisivo nella formulazione di un giudizio positivo rispetto all’esperienza culinaria appena vissuta.Il dolce è lo sfizio che ci si vuole togliere, non acquieta la fame, compito riservato ai piatti precedenti, ma serve a concludere la serata in bellezza concedendosi un peccato di gola. Essendo quindi nella maggioranza dei casi, una portata “in più” deve per forza essere molto buona. La carta dei dessert deve essere  coerente, ovvero complementare al menù e anzi deve essere studiata in modo tale che i sapori dei pasti precedenti si sposino a regola d’arte con quelli dei dolci. E’ bene non voler esagerare, è normale voler dare alla propria clientela un’ampia scelta, ma nonostante tutto è meglio un’offerta ristretta, ma ben studiata e preparata piuttosto che il contrario. Inoltre fate in modo che comprenda sia dolci tradizionali ma anche qualcosa di nuovo che possa incuriosire e spingere all’acquisto anche chi normalmente non ordina il dessert. Tutti i dolci andrebbero differenziati per tipologia. E’ sempre bene prendere del tempo per raccontare i dessert proposti.

In linea generale , il cliente è attratto dalla possibilità di secolare determinati prodotti e conoscerne le specificità, bisogna stare però attenti a non esagerare, altrimenti si corre il rischio di mettere il cliente a disagio .


LA GRAFICA DEL MENU
Il menu rappresenta il catalogo dei prodotti in vendiate è il primo strumento di comunicazione con il cliente, pertanto l’aspetto grafico, il linguaggio e lo stile di comunicazione adottati meritano grande attenzione.
Un menu orientato al cliente deve:
  • essere facile da capire;
  • risultare convincente, attraente, rassicurante;
  • offrire ciò che la clientela desidera, non ciò che piace allo chef;
  • avere un linguaggio suggestivo, ma comprensibile e coerente con la tipologia l’immagine del locale.

Il supporto di stampa e il carattere
La scelta del support dipende dal prestigio del locale e dal tempo vita del menu. per menu giornalieri è consigliabile una soluzione pratica e veloce. per le carte che variano ogni 3-4 mesi, si possono scegliere supporti rigidi e pregiati.
il formato non deve essere eccessivamente grande per rendere il menu facilmente consultabile.
Con l’abbassamento  dei prezzi delle stampanti  e delle macchine plastificatici, è ormai pratica comune stamparsi da soli il proprio menu. Nei locali  più raffinati si stampano anche carte senza prezzi per le signore accompagnate.




LE ZONE DI RICHIAMO
Non tutto il menu è letto allo stesso modo. secondo studi consolidati esistono zone del menu sulle quali lo sguardo del cliente si posa prima e per più tempo. Nella stesura di una carta occorre tenere presenti questi fattori, così da indirizzare le scelte del cliente su 
determinati piatti. 

AREA 1 è quella dove si posa per prima l’attenzione del cliente e  dove lo sguardo torna più frequentemente, pertanto si devono inserire i piatti di maggior richiamo.
AREA 2 è una zona della pagina ancora favorevole: si possono mettere le specialità della casa o il menu degustazione.
AREA 3 è una zona sfavorevole della pagina , sulla quale lo sguardo arriva tardi e resta per poco tempo , pertanto si devono inserire i piatti meno interessanti e poco remunerativi.

I NOMI DEI PIATTI
Le denominazioni dei piatti rispecchiano lo stile della cucina e la tendenza gastronomica del locale, per cui, a seconda dei termini utilizzati, si creano nel cliente delle rappresentazioni mentali, aspettative, molto differenti.

1.Stili tradizionali
Tra questi i principali sono:
Denominazione descrittiva, usata per i piatti ricucina popolare, come la “Minestra di ceci”;
Denominazione del luogo, perricordarne l’origine, tipica della cucina regionale, come nel caso del “Risotto alla milanese”;
Denominazione con dedica, tipica dell’800 e della cucina classica

2. Stile moderno didascaliaco
Il titolo della ricetta contiene tutti gli elementi utili per comprenderla, senza dover chiedere ulteriori spiegazioni. E’ uno stile introdotto dalla Nouvelle Cousine, adottato da molti chef per la chiarezza dei termini (se non si eccede nei particolari). Un esempio di piatto è il “Filetto di sampietro alle nocciole tostate con salsa di aglio e timo” di G. Vissani.

3. Stile moderno ermetico-suggestivo
Il nome del piatto non dichiara esplicitamente il contenuto o ne accenna solo qualche elemento. E’ una modalità diffusa che stimola la fantasia del commensale; diviene però necessaria una descrizione accurata del piatto. Un esempio è “Cibo per lo spirito” di Pietro Leeman. Una variante è lo stile giocoso, come il piatto “Gioccolato”, dei fratelli Alajmo.

Terminologia e ortografia
Rispettare la denominazione della cucina tradizionale, evitando nomi pomposi o inventati, per non confondere il commensale
Non aggiungere particolari impliciti nella denominazione, come: Roast beef di bue.
Nei piatti di carne indicare la specie usata, se non è già implicita: per lo zampone non serve specificare, mentre per le scaloppine si deve precisare se si tratta di vitello, maiale o altro
Usare le indicazioni di origine, di qualità e di provenienza solo se corrispondenti al vero: le truffe vengono perseguite per legge. Per esempio, è una frode scrivere Prosciutto di Parma e usare un altro tipo di prosciutto
Le maiuscole: la prima lettera del titolo va scritta in maiuscolo, come pure i nomi propri ed i prodotti di marca. Non si usa la maiuscola per i prodotti generici (per esempio: Martini dry, vermouth dry).
Il plurale: i prodotti vanno scritti al singolare, tranne quando vengono serviti in numero maggiore di uno per porzione (per esempio: asparagi, gamberetti, lumache, piselli).
La locuzione “alla”: è la contrazione della frase “alla maniera di…”, per cui non si usa davanti ai nomi di persona (per esempio: Triglie alla livornese, Tournedos di manzo, Richelieu).
Non usare forme abbreviate, non commettere errori di ortografia
Segnare il tempo d’attesa per i piatti che richiedono lungo tempo di preparazione (per esempio 25 minuti per un risotto)

MENU ENGINEERING
la formula menu engineering, che significa ingegneria del menu, fu coniata nel 1982, per indicare come il menu possa essere un potente strumento di analisi, utile  per mettere a punto le strategie di vendita. Il menu engineering nasce dalle seguenti domande: come incidono la struttura, i contenuti e persino la forma di un menù sul fatturato di un ristorante? È possibile strutturare il menù in modo tale da incrementare gli incassi del ristorante e ottimizzare le risorse? La risposta è semplice ma non banale: 
Sì, “incentivando” l’acquisto delle portate su cui c’è un più ampio margine di guadagno e “scoraggiando” quelle su cui il margine è inferiore. In genere, per aumentare gli incassi di una attività ristorativa ci sono quattro possibili soluzioni: 
a)  aumentare il numero dei nuovi clienti
b)  aumentare la frequenza di acquisto dei clienti fidelizzati
c)  aumentare la spesa media per cliente
d)  aumentare il guadagno medio di ogni piatto

Il menù engineering si concentra proprio su questi ultimi due aspetti (C e D), dimostrando l’importanza strategica che il menù di ogni ristorante ha sugli incassi e sulla gestione operativa del ristorante stesso. 
Ingegneria del menù”,  grazie ad un vero e proprio studio matematico e scientifico dei piatti proposti all’interno di un menù, ci aiuta a conoscere nel dettaglio quanto ogni singola pietanza renda in termini di profitto. Quest’analisi non è fine a se stessa, ma ha l’obiettivo di guidare i clienti in modo impercettibile ed inconscio nella scelta di quei piatti che si vuole spingere di più perché rappresentano l’identità del locale e soprattutto perché generano maggiore profitto e, in alcuni casi, minore complessità. Il menù engineering, quindi, sta diventando una vera e propria scienza che combina l’analisi matematica (food cost, numero piatti venduti, profitto di ogni singola ricetta) con la psicologia (come la mente umana motiva le decisioni di acquisto), per meglio comprendere i meccanismi cognitivi dell’uomo, in modo che possano essere d’aiuto per massimizzare le vendite e il profitto.  Come è possibile, quindi, aumentare la spesa media per cliente e incrementare il guadagno medio di ogni piatto? Banalmente si potrebbe rispondere alzando i prezzi delle portate o diminuendo i costi. Ma è necessario fare  attenzione perché queste scelte sono molto rischiose se vengono prese senza effettuare una precisa analisi preliminare, in quanto possono andar bene nel breve periodo, ma successivamente creare problemi rilevanti al ristorante che potrebbe vedere la propria clientela diminuire significativamente: mai quindi alterare il rapporto qualità/prezzo dei piatti senza analisi ben ponderata e misurata.




ANALISI DELLA CARTA DEL RISTORANTE 
Per iniziare l’indagine strategico- analitica servono tre dati: il costo di ogni piatto, il prezzo di vendita di ogni piatto, il numero di unità vendute per ogni piatto. Il processo parte dal calcolo di due formule fondamentali: 
1. L’Indice di Popolarità dei piatti del vostro menù (IDP):  è il numero di piatti venduti del piatto  A diviso il numero totale di piatti venduti del menù del ristorante. (IDP Assoluto).  Questo indice può essere calcolato anche con riferimento alle varie categorie di appartenenza dei piatti (ad esempio, IDP degli spaghetti al pomodoro/numero totale dei primi piatti), detto IDP Relativo. 

                                N° PIATTI VENDUTI  PIATTO A
                                ___________________________  =  I.D.P. ASSOLUTO
                        
                                N° PIATTI TOTALI VENDUTI

2. Il margine di contribuzione netto: è la differenza tra il costo del piatto (materia prima), l’IVA e il suo prezzo di vendita. Ad esempio:  se un piatto costa 3€, l’IVA è il 10% e lo vendiamo a 11€ il margine  è di 7€. 

MARGINE DI CONTRIBUZIONE = PREZZO DI VENDITA - IVA - COSTO MATERIE PRIME

Un’analisi corretta del food cost di ogni piatto è il punto di partenza per calcolare il guadagno di ogni portata. Bisogna capire esattamente quanto si spende e quanto si guadagna ogni volta che la cucina serve un piatto in sala, nonché il guadagno totale che quel piatto genera per il ristorante. 

Dopo aver elaborato queste informazioni si può passare alla razionalizzazione del menù: bisogna capire quali piatti conviene vendere maggiormente e quali invece vanno tolti
dalla carta o modificati.  A tale scopo, una volta calcolato l’IDP e il margine di contribuzione netto per ogni piatto del menù, le singole proposte vanno inserite in quella che chiameremo “la matrice del menù engineering (MME)”, suddividendo tutte le voci che compongono il menù in quattro macro categorie: 
.


MARGINE PROFITTO BASSO
MARGINE PROFITTO ALTO
ALTA POPOLARITA’
Plowhorses (cavalli perdenti)  Sono piatti noti, che si vendono bene, ma che non aumentano significativamente il reddito.
Strategia: migliorare il margine di profitto cercando dia aumentare il prezzo o revisionare la ricetta
Stars (stelle)
Sono i piatti vincenti, che offrono un alto margine di profitto e che si vendono tanto.
Strategia: valorizzarli mettendoli ben in vista e proponendoli ai clienti.
BASSA  POPOLARITA’
Dogs (cani)
Sono piatti difficili da vendere che offrono un basso profitto.
Strategia: vanno eliminati dal menu
Puzzles (enigmi)
Sono piatti poco noti, difficili da vendere, ma forniscono un buon profitto.
Strategia: spingerne la vendita



ANALISI DEL GRADIMENTO DEL MENU D’ALBERGO
Conoscere i gusti della clientela è il punto di partenza per realizzare una ristorazione di qualità. Da qui emerge l’importanza di tenere costantemente monitorato il  il parere degli ospiti. Un metodo efficace, che si può applicare con la clientela che consuma pasti consecutivi, è quello di chiedere direttamente al loro  il gradimento dei piatti proposti tramite dei questionari. Questi questionari vengono solitamente sottoposti al cliente a metà o al termine del soggiorno. 

STIMOLI INIZIALI
Studi sulle neuroscienze dimostrano che il cervello di un individuo ricorda l’inizio e la fine di qualunque interazione umana o qualunque avvenimento, mentre tende a dimenticare tutto ciò che sta nel mezzo. Questa attitudine del cervello umano ha un enorme impatto sulle azioni da intraprendere nell’ambito di una attività commerciale e, in particolare,
su come presentare e costruire i messaggi di vendita del menù e sull’importanza delle modalità di interazione del personale di sala al primo contatto con i clienti e alla fine. 
Perciò, prima di capire come rendere un menù uno strumento efficiente di vendita, dobbiamo verificare come vengono “metabolizzati” dall’ospite i primi minuti di interazione e trovare tutte le leve che è possibile migliorare per garantire un’esperienza positiva e rassicurante. A tal proposito sono 3 gli aspetti da considerare: 
  • l’arredamento;
  • la pulizia del locale; 
  • l’accoglienza del personale di sala. 

LUNGHEZZA DEL MENU E FORMATI
Gregg Rapp, ingegnere del menù americano stabilisce che i migliori menù sono quelli che non entrano in conflitto con la teoria psicologica nota come “paradosso della scelta”, che afferma che più scelte abbiamo, più ansia avvertiamo.  L’eccesso di informazioni manda in stallo il cervello umano, che viene sopraffatto e confuso, creando l’effetto opposto: azzera tutto per tornare a una pietanza che conosce, va sul sicuro.  Il numero perfetto per bilanciare questa peculiarità del cervello umano è il sette.  Quindi massimo sette opzioni per ogni categoria di pietanze. Alcuni ristoranti hanno perso di vista questa regola e mettono nelle mani dei clienti menù ricchi di pagine e pagine che hanno l’effetto di mandare in confusione n da subito l’ospite. Inoltre, maggiori saranno le ricette sulla carta e maggiore sarà la complessità in cucina per gestirle e stoccarle. Sono quindi sconsigliati i menù stile libro con molte pagine e troppa scelta, mentre si privilegiano i seguenti tre tipi di formati: formato tabloid, menù a due ante oppure menù a tre ante. 

IL TABLOID 
  Le persone prendono le decisioni più velocemente, ma non ordineranno molto, riducendo in tal modo  la redditività per cliente.  La ragione di questo fenomeno è che questa configurazione del menù non evoca un’esperienza culinaria completa; indica qualcosa di più leggero e informale.
 MENU A 2   ANTE 
 Quando possibile, questa  è la conFIgurazione migliore da utilizzare. È facile da leggere e induce  la forte sensazione di una cena completa. 
MENU A 3 ANTE 
E’ una scelta valida se si dispone di molti oggetti da vendere e bisogno di spazio, ma la versione a due pannelli è più facile da leggere.
 MENU A LIBRO 
Più pagine avrete nel vostro menù, minore sarà la capacità di influenzare le azioni dei vostri clienti.
A tale scopo, dobbiamo riprendere la matrice MME che abbiamo precedentemente elaborato.  A seconda del quadrante della matrice MME in cui si trovano i singoli piatti, sceglieremo dove posizionarli nel menu”.Nel menù esistono infatti delle posizioni “strategiche” in cui i piatti sono più visibili per il cliente.  In tali punti di focalizzazione è consigliabile quindi  inserire i piatti che si desidera spingere maggiormente e quelli che garantiscono maggior profitto. 


STRUTTURA DEL MENU
ZONE DI MAGGIOR ATTENZIONE
ZONE DI MINOR ATTENZIONE
UN’ANTA
In cima alla pagina 
in fondo alla pagina 
Se la copertina del tuo menù a 1 anta presenta piatti su entrambi i lati tutte le novità dovranno apparire sul fronte, visto che i piatti sul retro riceveranno meno attenzione 
DUE ANTE
in cima all’anta destra
in fondo all’anta sinistra
TRE ANTE
in cima alla terza anta 
I vecchi testi dicono che la parte interna dell’anta centrale rappresenta
la collocazione migliore, ma è stato verificato che questo posizionamento attrae maggiormente l’attenzione ed è più adatto per i migliori piatti del menù.
In fondo alla prima anta
LIBRO
in cima ad ogni pagina
in fondo ad ogni pagina 

I PREZZI
I prezzi del menù sono una leva fondamentale per il giusto mix di guadagno e margine dei prodotti venduti dal ristorante. Questo è il primo grande aspetto da considerare per partire subito col piede giusto e non disorientare la lettura del cliente. La regola suggerisce che i piatti del menù vengano ordinati dal più basso al più alto. Al primo posto della lista metteremo quindi quello che in quella categoria (primi, secondi, contorni, etc) ha il prezzo inferiore e il guadagno inferiore. Secondo le statistiche, è difficile che il cliente scelga il primo nella lista.  Al secondo posto è invece consuetudine inserire un piatto sì conveniente ma che porti anche un buon margine al ristoratore.  A seguire, i piatti con ordine crescente di prezzo.  Un suggerimento consigliato da uno dei maggiori esperti di menù engineering è di includere un piatto incredibilmente costoso e di altissima qualità di materie prime all’interno del menù, ciò fa sembrare ragionevole il prezzo di tutto il resto, ma soprattutto “certifica” la qualità  di tutto il menù. Il cliente che non può o non vuole spendere per esempio, 100 euro per l’aragosta,  potrebbe considerare “parsimonioso” spendere 25 euro per una entrecôte. Un utile consiglio è quindi quello di inserire uno dei piatti più profittevoli subito sopra al piatto più costoso della categoria che, come detto, dovrebbe avere un prezzo molto più alto della media. Per il cliente sembrerà più ragionevole poi il valore dei prezzi medio-alti alla luce del prezzo “esca” osservato. Piatti leggermente più costosi (purché ancora rientrino nei limiti di ciò che il cliente è disposto a pagare e inoltre coerente con la tipologia di locale), suggeriscono, come detto in precedenza, che il cibo è di qualità superiore. Chiaramente questa iniziativa è applicabile principalmente a ristoranti di fascia alta, ma comunque con le dovute proporzioni potrebbe essere adattabile a ristoranti di fascia anche media o bassa: è inutile mettere l’astice alla catalana in un menù di una pizzeria, ma possiamo mettere una pizza creativa all’astice oppure al tartufo bianco piemontese. Ma dove collocare i prezzi in un menu?

RISOTTO AI FUNGHI PORCINI
Riso, funghi porcini freschi, prezzemolo    _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ 9,70 € 

Se incolonniamo i prezzi di fianco al nome delle portate facciamo concentrare l’attenzione dell’ospite proprio sul prezzo in prima battuta poi sulla portata in se. Questo significa che, in questomodo si altera la logica di lettura del menu e quindi da quel momento la sua attenzione non verrà concentrata sul piatto ma sul prezzo. Infatti, di norma il cliente sceglierà quelli  con i prezzi medi o più bassi.

       RISOTTO AI FUNGHI PORCINI
Riso, funghi porcini freschi, prezzemolo 
                         9,70 € 

Un discorso simile succede quando i prezzi vengono messi incolonnati al centro e in bell’evidenza. Anche in questo caso andrebbe evitata questa pratica. 

RISOTTO MANTECATO AI FUNGHI PORCINI E TIMO
Riso Carnaroli, mantecato con funghi porcini freschi,
una noce di burro di malga, una spolverata di prezzemolo 
e timo dell’orto - 9,70 

Se invece i prezzi vengono collocati di seguito la descrizione completa  della portata la differenza è notevole. Infatti il cliente sarà portato a concentrarsi sul piatto
e in seconda battuta sul prezzo. 
Sarà quindi possibile coinvolgerlo meglio nell’interazione della scelta nale, rilassandolo n da subito. Un ultimo suggerimento è quello di togliere il simbolo della valuta, perché sembra rappresentare come una minaccia a livello inconscio, solo per ricordare che si sta in procinto di spendere soldi. 

EVIDENZIARE I PIATTI AD ALTO GUADAGNO
Una parte del processo di progettazione risiede nell’evidenziare le portate con più alta marginalità e con alto IDP nel giusto modo.  Per fare questo, un  corretto uso dei colori può aiutare a evocare sentimenti e motivare i comportamenti. Sono infatti molti i ristoranti che utilizzano il giallo e rosso nei loro marchi. In special modo le catene commerciali. È la prova conclusiva di come il colore influenza il nostro umore, il rosso stimola l’appetito, mentre il giallo richiama la nostra attenzione. I due colori combinati insieme sono i migliori abbinamenti di colori per gli alimenti. La strada dei colori meglio si adatta ad una ristorazione di massa e familiare, ma meno ovviamente ad una ristorazione gourmet che invece deve risultare più sobria e minimale. La raccomandazione qui è quella di non eccedere: se si aumenta il numero di segnali visivi, l’impatto complessivo otterrà l’effetto opposto risultando confusionario e inefficace. L’uso delle fotografie può far aumentare no al 30% le vendite di quell’articolo ma solo quando c’è solo una fotografia o al massimo due per pagina. Infatti eccedere con troppe immagini può essere dannoso, gli altri elementi che sono fotografati sul menù, danno un senso di un menù di livello inferiore. La maggior parte dei ristoranti di qualità per evitare il livello di stravaganza percepito, evita di mettere le fotografie.




IL PRINCIPIO DI COERENZA
Il principio di coerenza è essenziale per svolgere una comunicazione integrata del locale in gestione. Tutto deve parlare la stessa lingua altrimenti si rischia di compromettere il buon esito del menù rivisto secondo le regole elencate. Bisogna quindi tenere in considerazione alcuni parametri. La tipologia del locale. Che tipo di cucina si propone? A quale target di clienti vi rivolgete? Com’è il vostro  personale? Sono solo alcune delle domande che vi dovrete porre prima di realizzare il vostro menù, perché tutto deve essere coerente con la vostra offerta e lo stile del locale. Se il numero di coperti è limitato e solitamente fate solo un lungo turno, vi potete permettere di creare un menù più articolato, con maggiori dettagli; se al contrario avete un’alta rotazione dei tavoli, il consiglio è di predisporre una carta molto più semplice, di facile e immediata lettura e sicuramente più duratura. Il target di clientela. Avete una clientela giovane?  Allora potete permettervi una modalità di scrittura innovativa, uno stile grafico originale, l’utilizzo di box, font e colori diversi ed accesi per incuriosire e mantenere alta l’attenzione. 
Se, invece, la vostra clientela è prevalentemente quella degli uffici in pausa pranzo, dovreste prevedere un menù semplice, con poche portate, non troppo ricercate e possibilmente leggere. Una clientela sofisticata si aspetta una ricercatezza sicuramente diversa da quella di una famiglia tradizionale; per la prima saranno indicati colori scuri
ed un design semplice e chiaro per trasmettere eleganza e professionalità; per la seconda tipologia, invece, i colori caldi risulteranno più apprezzati. Deve esserci equilibrio a 360° nella proposta al cliente finale. Per fare un esempio pratico, un ristorante di alto livello dovrà utilizzare, per il proprio menù, elementi di grande impatto, a partire dal tipo di carta utilizzato, dalle dimensioni e dalle immagini più appropriate no al font adoperato nella stesura della descrizione delle portate. Questa strategia non si addice, invece, ad un fast food, perché i clienti di questo tipo di locale hanno aspettative più basse e si aspettano un’offerta più semplice e coerente con il tipo di esperienza che li ha condotti.

LA NUOVA NORMATIVA SUGLU ALLERGENI
Il 13/12/2014 è entrato in vigore il Regolamento UE n. 1169/2011 che armonizza tutte le norme nazionali in materia di etichettatura degli alimenti e che impone l’obbligo di indicare in etichetta, in maniera chiara, usando accorgimenti grafici (grassetto, colore o sottolineatura), gli ingredienti che potrebbero comportare un rischio allergenico.
Questi obblighi sono validi anche per i cibi non confezionati, per esempio quelli venduti nei ristoranti e nelle mense. I titolari di esercizi di vendita e somministrazione hanno l’obbligo di fornire informazioni circa gli ingredienti allergenici usati in ogni cibo che vendono o forniscono. Per non trasformare il menù in una noiosa lista, ma soprattutto riempirlo di immagini funzionali che non aiutano a vendere, una soluzione potrebbe essere associare ad ogni allergene un simbolo grafico stilizzato o un contrassegno di diverso colore. Durante la preparazione di cibi freschi e/o da asporto spesso si utilizzano, come ingredienti, alimenti preconfezionati, sulle cui etichette sono evidenziati gli allergeni presenti. Gli Operatori del Settore Alimentare devono segnalare ai consumatori tali sostanze onde evitare che gli stessi corrano il rischio di sviluppare una reazione allergica. Oltre 120 alimenti sono stati descritti come responsabili di allergie alimentari, ma è solo un numero ristretto di alimenti a causare la maggior parte delle reazioni allergiche. Soltanto 14 sostanze, infatti, o prodotti necessitano dell’etichettatura obbligatoria degli allergeni in base alla legislazione dell’UE. 



SOSTANZE O PRODOTTI CHE PROVOCANO ALLERGIE O INTOLLERANZE
1. Cereali contenenti glutine (grano, farro, grano khorasan, segale, orzo, avena)
2. Crostacei
3. Uova
4. Pesce
5. Arachidi
6. Soia
7. Latte e prodotti a base di latte (incluso lattosio)
8. Frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci, noci di acagiù, noci pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci macadamia o noci del Queensland)
9. Sedano
10. Senape
11. Semi di sesamo
12. Anidride solforosa e solfiti (se in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro)
13. Lupini
14. Molluschi

La pulizia del menù 
Un menù deve essere pulito e integro, questo significa che va controllato ogni volta che viene presentato ai clienti. Vanno eliminate le copie sudicie, macchiate e rovinate. Un menù sporco e sciatto abbassa notevolmente la percezione di pulizia e igiene del ristorante. Anche se il locale è pulitissimo e profumato serve a poco se al cliente viene consegnato un menù sporco, magari con briciole di pane all’interno. 


EMOZIONARE IL CLIENTE
Uno studio ha evidenziato come i menù emozionalmente descrittivi riescano ad incrementare le vendite del piatto circa il 30% in più di quelli tradizionali. Secondo gli esperti di marketing e comunicazione esistono alcune parole particolarmente efficaci e capaci di indurre la scelta di certi piatti. In Italia le 3 parole evocative “magiche” con un simile potere sono, per esempio: “mediterraneo”, “tradizione”, “territorio”. 
Potete evidenziarle nel vostro menù, indicando se i prodotti sono DOP, IGP  o STG: questo permetterà di esaltare le caratteristiche della portata e, indubbiamente, di migliorare l’immagine percepita degli ingredienti. Un prezzo più alto si giusti ca da solo. 


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