I pesci sono prodotti ittici, sono vertebrati e non vanno confusi con i crostacei e molluschi, che sono invece animali invertebrati.
Il pesce, appartiene al regno animale acquatico, è pescato in alto mare, nei fiumi, nei laghi o allevati in impianti itticoltura.
Esiste una grande varietà di pesci che si differenziano in base alle acque, determinata dal loro habitat (fondali, scogli), e in base alla forma e caratteristiche strutturali del loro corpo.
Bisogna ricordarsi che i prodotti della pesca hanno rappresentato dal punto di vista economico, fin dall’antichità, un importante patrimonio che ha subito in questi ultimi decenni forti danni a causa di una pesca indisciplinata e dell’inquinamento delle acque che ha portato per alcune specie il rischio d’estinzione.
Classificazione
I pesci si distinguono in:
a) PESCI DI MARE (acciuga, aringa, branzino, merluzzo, rombo, sogliola, tonno, triglia, scorfano,
pescatrice, orata, dentice, cernia, spada, palombo, nasello, ecc.);
b) PESCI D’ACQUA DOLCE (carpa, trota, pesce gatto, ecc.);
c) PESCI D’ACQUA MISTA (anguilla, salmone, storione, ecc.).
Dal punto di vista gastronomico è importante la distinzione tra i:
a) PESCI AFFUSOLATI
b) PESCI PIATTI
I pesci affusolati hanno due filetti mentre i pesci piatti hanno quattro filetti.
Per quanto riguarda le caratteristiche delle carni, i pesci hanno generalmente carni bianche per mancanza di mioglobina; fanno eccezione alcune varietà che possono presentare carni rosse, a causa del movimento che sostengono per il continuo spostamento (tonno, anguilla, ecc.), o carni rosate, dovute al tipo d’alimentazione a base di crostacei e insetti (salmone, trota salmonata, ecc.).
I pesci affusolati, di forma allungata perché buoni nuotatori, se sono di dimensioni rilevanti, sono tagliati in trance dal peso di circa 180 g, se sono di dimensioni medio – piccole sono preparati per la cottura intera o filettati, in questo caso per ogni pesce si ricavano due filetti.
Questi pesci sono indicati interi per cotture alla griglia, al forno, in umido, al vapore oppure bolliti in court-bouillon, al sale e in cartoccio.
Sfilettati per cotture, in padella, alla mediterranea, ad involtini in umido con brodetti, a darne per cotture alla griglia, al forno, in umido, in cartoccio, ecc.
I pesci piatti, vivono sui fondali e vengono generalmente utilizzati interi o sfilettati: sfilettati da ciascun pesce si ricavano quattro filetti. Le cotture più indicate sono quelle veloci alla griglia e in padella.
I pesci e il loro valore nutritivo
I pesci sono considerati animali con carni ad alto valore nutritivo e buona digeribilità, dovuta alla scarsa presenza di tessuto connettivo e di fibre lunghe.
In base al contenuto di grassi i pesci sono classificati nel seguente modo:
Classificazione dei pesci in base al contenuto di grassi
Pesci magrissimi
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Meno dell’1%
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Merluzzo, nasello, orata, razza, tinca.
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Pesci magri
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Dall’1% al 3%
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Carpa, dentice, luccio. Palombo, rombo, scorfano, sogliola, spigola, trota
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Pesci semigrassi
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Dal 3% al 10%
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Acciuga, cefalo, pesce spada, sarago, sardine, triglia.
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Pesci grassi
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Dal 10% al 14%
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Anguilla, salmone, sgombro, tonno.
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Classificazione dei pesci in base alla digeribilità
Molto digeribile
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Merluzzo, nasello, trota, sogliola, spigola, orata
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Digeribile
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Sarago, tinca, sardina, pesce spada
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Poco digeribile
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Tonno, anguilla, sgombro, aringa
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La valutazione dello stato di freschezza del pesce
Il pesce appena pescato deve essere posto in cassette coperte di ghiaccio, in modo da garantire la freschezza.
Per valutare la freschezza bisogna considerare alcune caratteristiche:
• l’occhio; monto vivo, brillante, arrotondato, non incavato.
• La pelle; lucida, brillante, con squame aderenti e ricca di muco.
• Le branchie; ben chiuse, con le lamelle rosse o rosate.
• Le carni; colore brillante, sode, elastiche.
• L’odore; deve essere salmastro.
Conservare correttamente il pesce
Mentre le carni dei pesci possono essere sterili o poco inquinate, la pelle e le branchie contengono una quantità di germi elevata, direttamente proporzionale all’inquinamento delle acque: ecco perché il pescato è un prodotto che va conservato e utilizzato con le dovute cautele. Pulite sempre il pesce dopo l’acquisto, e conservatelo in frigorifero a 0 – 2 °C per non più di 3 giorni, secondo la specie. In genere gli alimenti ittici congelati vanno scongelati lentamente in frigorifero alla temperatura di 4 °C, ma se sono di grossa pezzatura è consigliabile l’ammollo in acqua fredda corrente, per ridurre i tempi
La pulizia del pesce
Tecniche di base
Durante la lavorazione operate seguendo scrupolosamente le norme igieniche: lavatevi spesso le mani; tenete i pesci sul tavolo di lavoro lo stretto tempo necessario per la preparazione; utilizzate infine un tagliere riservato unicamente a questo scopo.
È la prima operazione da eseguire: tagliare le pinne, grattare le squame, vuotare il pesce delle interiora, lavarlo e asciugarlo, quindi, se non viene utilizzato immediatamente, riporlo in frigorifero.
fase 1 Sbarbatura Con l’aiuto delle apposite forbici da pesce, cominciate eliminando le due pinne pettorali, la pinna dorsale e la pinna ventrale, non tagliate mai la coda. Per questa operazione è bene proteggersi le mani con i guanti, perché le pinne di alcuni pesci contengono sostanze irritanti.
fase 2 Squamatura Con l’apposito squamatore, grattate la pelle del pesce partendo dalla coda verso la testa, ponendo molta attenzione a non lacerarla. Prestate particolare cura alla zona ventrale e alla base della testa, che spesso sono trascurate.
fase 3 Eviscerazione La tecnica è differente nel caso di pesci piatti oppure di pesci fusiformi. Nel primo caso fate un’incisione di qualche centimetro nella parte ventrale, eliminate i visceri e grattate con un dito la parte sanguinolenta che si trova alla base della testa. Nel secondo caso sollevate gli opercoli ed eliminate le branchie, introducete le dita per staccare i visceri e asportarli delicatamente: se non escono tutti, praticate una piccola incisione a livello anale e togliete i rimanenti.
fase 4 Lavaggio e asciugatura Lavate il pesce in acqua fredda corrente, facendo scorrere il liquido anche dentro la bocca. Lasciatelo sgocciolare bene e se non viene cotto subito riporlo in frigorifero.
I pesci di grossa taglia possono essere tranciati in:
– trance di circa 180 – 200g;
– darne, da 150 -180 g;
– code, di circa 250 g.
ANISAKIASI
L’Anisakiasi è una malattia parassitaria causata da nematodi del genere Anisakis, contratta dall’uomo a seguito dell’assunzione di prodotti della pesca infestati, consumati crudi, poco cotti o sottoposti a processi di conservazione non in grado di devitalizzarne le larve. Tale zoonosi, inizialmente riscontrata nei paesi del Sud-Est Asiatico come conseguenza delle abitudini alimentari di consumare pesce crudo o impropriamente trattato, oggi si è diffusa in tutto il mondo. La prima segnalazione dell’infestazione di Anisakis nell’uomo risale al 1876 ad opera dello zoologo tedesco Rudolf Leuckart. Nel 1958 Ishikura e Asanuma in Giappone descrissero il primo caso di localizzazione intestinale dovuta all’assunzione di pesce crudo. In Italia il primo caso è stato riportato a Bari nel 1996. Ad oggi i casi diagnosticati in tutto il mondo sono oltre 20.000 con un incremento stimato di circa 2.000 casi l’anno. In Italia l’incremento delle segnalazioni di Anisakiasi è dovuto prevalentemente al consumo di pesce crudo o sottoposto a processi di trattamento quali salagione, marinatura e affumicatura
Le uova prodotte dai parassiti adulti vengono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini infestati, qui avviene lo sviluppo in larve. Successivamente, una volta libere in acqua, le larve maturano nel secondo stadioLe larve del genere Anisakidae per sopravvivere devono continuare il ciclo all’interno di ospiti intermedi, prima di raggiungere l’ospite definitivo. I primi ospiti intermedi sono piccoli crostacei c che a loro volta vengono ingeriti da pesci e cefalopodi costituenti i secondi ospiti intermedi. In questi ultimi, le larve allo stadio L2 maturano nel successivo stadio, penetrando l'intestino dei pesci nella cavità peritoneale, dove possono raggiungere la lunghezza di 1-4 cm e coinvolgere talvolta gli organi interni e il muscolo. Si arriva infine ai mammiferi marini o agli uccelli marini, che ingerendo i pesci, consentono il completamento del ciclo biologico del parassita. In questi animali, rappresentanti gli ospiti definitivi, le larve maturano sino al quarto stadio larvale o preadulto per poi passare alla forma adulta.
E’ da sottolineare come le abitudini comportamentali dei mammiferi e degli uccelli marini (principali vettori) di effettuare spostamenti lungo ecosistemi acquatici anche molto distanti, sono alla base della diffusione dei parassiti appartenenti alla famiglia Anisakidae.
Le specie ittiche e i cefalopodi, costituenti la fauna ittica del Mediterraneo, maggiormente parassitati dalle larve del genere Anisakis, sono qui elencati in ordine di prevalenza di infestazione:
- PESCESCIABOLA
- SURO
- LANZARDO
- SGOMBRO
- MERLUZZO
- TOTANO
- ALICE
- TRIGLIA
- CEFALO
- SARDINA
Le larve di questi nematodi sono resistenti ai processi di digestione dell’uomo, penetrano la mucosa gastrica, sia attraverso un’azione meccanica esercitata dalla presenza del dente terebrante, sia mediante il rilascio di enzimi litici (proteasi). Una volta penetrate nella parete gastrica o intestinale le larve inducono fenomeni infiammatori
FORME DI ANISAKIASI
FORMA ACUTA
Forma esofagea: i casi descritti in letteratura sono molto rari. Questa forma insorge dopo poche ore dal pasto e si presenta con disfagia, bruciore e reflusso gastro-esofageo. La larva ingerita arriva allo stomaco per poi tornare in esofago mediante il reflusso.
Forma gastrica: è la forma più frequente di Anisakiasi. Tra i sintomi sono riportati: dolori all’epigastrio, nausea e vomito. La porzione gastrica maggiormente interessata è la grande curvatura, a causa della presenza di numerose pliche e per la maggiore attività secretoria della mucosa. Forma intestinale: i sintomi associati a tale forma sono dolori di tipo colico con nausea, vomito e diarrea. Si possono presentare anche casi di flogosi dell’ileo dovuti all’impianto del parassita. Può inoltre essere interessato il colon (forma insolita) o l’appendice, con manifestazioni infiammatorie acute, a causa della penetrazione del parassita attraverso la mucosa e con presenza di coliche nella parte inferiore dell’addome.
FORMA CRONICA
Il parassita, una volta penetrato nella parete della mucosa gastroenterica, induce la formazione di lesioni granulomatose o ascessuali. La reazione flogistica può essere imponente, con la formazione di un infiltrato di eosinofili e può determinare fenomeni occlusivi di varia entità, soprattutto a livello delle ultime anse dell’ileo. Possono essere presenti lesioni flemmonose.
I sintomi sono molto vari, in relazione alla sede e all’entità delle lesioni. I soggetti colpiti possono presentare:
- difficoltà allo svuotamento gastrico;
- occlusione o pseudo-occlusione intestinale;
- versamento peritoneale;
- sintomatologia colitica;
- sangue occulto nelle feci.
Possono essere presenti anche forme paucisintomatiche con scarsa dolorabilità o forme completamente asintomatiche.
Il parassita penetrato nella parete gastrica o intestinale è osservabile per circa 4-5 settimane, successivamente inizia la degenerazione attraverso la calcificazione dello stesso, dopo circa 6 mesi dall’impianto.
FORME EXTRA-GASTROINTESTINALI O ECTOPICHE
Le forme extra-gastrointestinali si riscontrano quando il parassita riesce a perforare la parete gastrointestinale per migrare negli organi limitrofi. Il parassita, essendo in grado di sopravvivere fino a 2 mesi, può causare sintomi aspecifici. Istologicamente è possibile riscontrare un granuloma eosinofilico o un ascesso intorno alla larva di Anisakidae (fig. 21B). Nei casi di localizzazione a livello peritoneale, è possibile riscontrare larve vive che danno origine a dolori addominali diffusi.
PREVENZIONE
Alla luce di quanto riportato in precedenza possiamo considerare la prevenzione come lo strumento più efficace per evitare l’Anisakiasi. È fondamentale quindi procedere sempre con la sensibilizzazione del consumatore e degli operatori di settore attraverso l’educazione sanitaria, l’eviscerazione dopo la pesca per evitare la migrazione delle larve nel muscolo, il controllo visivo e i trattamenti del prodotto ittico idonei a devitalizzare le larve come:
Salagione:
Le larve di anisakidi sono sensibili a questa tipologia di trattamento solo se effettuato rispettando determinati parametri. È stato dimostrato che il tempo massimo di sopravvivenza delle larve presenti in filetti di alici posti in salagione (concentrazioni di 8-9% di sale), è di 6 settimane.
Marinatura:
E’ basata sull’utilizzo di soluzioni contenenti acqua, sale ed acidi organici quali aceto, vino e succo di limone. La marinatura, oltre ad avere un effetto antibatterico, modifica l’aspetto e la consistenza dei prodotti ittici, conferendogli proprietà organolettiche caratteristiche. Studi effettuati a partire dagli anni ’60, hanno dimostrato che le larve di Anisakis sono molto resistenti ai tradizionali metodi di marinatura, di fatto rappresentano gli alimenti maggiormente implicati nei casi di Anisakidosi in Italia e Spagna. Per cui si ritiene opportuno, al fine di abbattere il pericolo di Anisakiasi, affiancare le comuni tecniche di marinatura ad adeguate procedure di congelamento (-15 °C per 96h; -20 °C per 24h;-35 °C per 15h al cuore del prodotto), ritenute le tecnologie in grado di uccidere con certezza il parassita.
Congelamento:
La sopravvivenza delle larve appartenenti alla famiglia Anisakidae dipende dalla combinazione di tre parametri quali:
- la temperatura;
- il tempo necessario affinché questa venga raggiunta uniformemente in ogni
parte del prodotto;
- il mantenimento di tale temperatura per un tempo adeguato, al fine di provocare la morte dei parassiti.
Il congelamento previsto dal Regolamento (CE) N. 853/2004 prevede il trattamento dei prodotti ittici ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto; trattamenti analoghi, ma con rapporti tempo/temperatura differenti sono quelli a -15 °C per 96 ore e a -35 °C per 15 ore. Per cui, in caso di congelamento effettuato a temperature e tempi anche solo lievemente differenti da quelli indicati, si rischia di non devitalizzare tutte le larve presenti.
Cottura:
Diversi studi hanno dimostrato che, sottoponendo il prodotto ittico a temperature superiori a 60 °C per almeno 1 minuto, viene garantita la devitalizzazione delle larve.
Anche nella cottura è necessario prendere in considerazione il rapporto tempo/temperatura al cuore del prodotto; ad esempio un trancio di pesce di 3 cm di spessore deve essere cotto a 60 °C per 10 minuti al fine di assicurare la morte di tutte le larve.
IL PESCE AZZURRO
Il pesce azzurro è una varietà ittica con determinate caratteristiche fisiche (squame colorate di blu sul dorso e argentee sulla pancia) nonché nutrizionali. La carne del pesce azzurro è molto facile da digerire nonché ricca di grassi buoni, ovvero gli omega3, contiene inoltre: selenio, calcio, iodio, fosforo, potassio, selenio, fluoro, zinco, vitamine A e B.
Il grasso del pesce azzurro è molto importante per la salute del cuore e dell’apparato circolatorio, a differenza del grasso della carne che invece ostruisce le arterie, aumenta il colesterolo e si deposita su pancia e fianchi, mentre il grasso del pesce non è calorico (del resto basta guardare i giapponesi che seguono un’alimentazione tradizionale).
Gli omega3 sono grassi buoni che favoriscono i livelli di diminuzione del colesterolo, favoriscono la pulizia delle arterie, prevengono i tumori al colon ed al pancreas, diminuiscono le probabilità di soffrire di demenza senile ed inoltre combattono l’invecchiamento precoce.
Non è tutto, gli omega3 sono ideali per combattere il morbo di Crohn, il diabete e la colite ulcerosa, il pesce azzurro inoltre ha buone quantità di calcio ed è quindi ideale per combattere l’osteoporosi.
Aguglia (si trova tutto l’anno ed ha un caratteristico colore verde attorno alla lisca, ottima da cucinare in tegame);
Alice o acciuga (pesce povero molto economico contiene molto fosforo, potassio e calcio, si riconosce per il corpo affusolato, il dorso azzurro/grigio scuro e la carne rosso scuro molto saporita);
Aringa (ricca di sali minerali conservata solitamente con metodo di affumicazione);
Costardella (si trova tutto l’anno, ma specialmente in autunno, e si distingue per la colorazione è blu-verde sul dorso, argentea sui fianchi e sul ventre);
Ricciola;
Cicerello (si può trovare da novembre a gennaio, si pesca presso le coste sabbiose);
Lanzardo (pesce molto simile allo sgombro);
Sardina (da non confondersi con l’alice, molto nutriente ed economica, ideale per condire la pasta, si trova dalla primavera all’autunno);
Bianchetti (specie giovani di sardine ed acciughe, si trovano fra gennaio e marzo);
Sgombro (si può acquistare anche in scatola ma è più indigesto rispetto agli altri pesci ma è più energetico e particolarmente ricco di grasso, si pesca tutto l’anno);
Papalina (La papalina è un piccolo pesce azzurro che vive in grandi banchi nelle acque del mar Adriatico, ma si può trovare anche nel Mediterraneo, nel Tirreno e nell’oceano Atlantico. È anche conosciuta col nome di spratto, saraghina, renga);
Sugherello ( molto saporito e facile da digerire, assomiglia allo sgombro ma è meno grasso, si pesca in primavera ed in estate);
Palamita (ha il dorso blu scuro, con linee nerastre oblique ed i fianchi argentati con riflessi verdi e azzurri, la carne è color rosato ed è ricca di zinco, ottimo per rinforzare il sistema immunitario. In Giappone è molto utilizzato per la preparazione del dashi, ovvero il brodo di pesce);
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